Ci saranno due monete

Vaciago: “La svalutazione dello yuan è una rivoluzione: nel mondo ci saranno due monete guida”

INTERVISTA A GIACOMO VACIAGO – “La tripla svalutazione della valuta cinese non è solo una mossa per favorire l’export, ma un cambiamento radicale: d’ora in poi lo yuan è sul mercato e le monete guida sono due” – “La Cina vuol diventare un Paese normale e non aprire la guerra della valute” – Gli effetti sull’euro e su un’Europa con la testa rivolta al passato

“La Cina non ha fatto semplicemente una tripla svalutazione: ha cambiato radicalmente il suo approccio alla politica monetaria e al valore esterno della sua valuta. Dobbiamo abituarci all’idea che, nel mondo, d’ora in poi non ci sarà solo il dollaro, ma anche il renminbi, o yuan che dir si voglia, cioè due monete. Ricordiamoci infatti che la Cina non è il vagone del treno, è la locomotiva”. Così Giacomo Vaciago, celebre economista e docente emerito dell’Università Cattolica, legge la decisione cinese di deprezzare lo yuan tre volte in 72 ore. Ecco l’intervista che ha rilasciato a FIRSTonline.

Professore, cosa sta succedendo a Pechino?

“Qualcosa d’importante, più di quanto sembri. I cinesi, quando fanno qualcosa, guardano sempre lontano, agiscono in base a strategie di lungo periodo, a piani ventennali, non alle Borse di qualche ora prima. Due giorni fa hanno corretto la loro moneta di due punti sul dollaro, ieri sono intervenuti di nuovo e oggi ancora. La novità è radicale, significa che d’ora in poi la moneta è sul mercato e reagisce in base alla salute economica del Paese e agli altri. In un certo senso si ripresenta una situazione di stampo ottocentesco, quando il mondo aveva sterlina e dollaro. D’ora in poi ci saranno la moneta cinese e la divisa americana. La Cina vuole fare una politica valutaria come gli altri, come gli Usa, lasciando che il mercato decida il giusto valore del renminbi, in base agli obiettivi di politica economica e alla loro credibilità”.

Il piano quinquennale cinese prevedeva però meno export e più mercato interno. Questa scelta prelude a un cambiamento di rotta?

“No, ripeto, non è una svalutazione solo per l’export. Il cambio ora lo decide mercato. L’obiettivo di aumentare i consumi interni resta. Queste non sono decisioni prese per sbaglio, né in base al rallentamento dell’ultimo mese. È una rivoluzione, che implica una progressiva e maggiore indipendenza della Banca centrale cinese dal Governo, come avviene negli altri Paesi. La Cina vuole diventare normale, stare sul mercato e avvalersi di tutti i meccanismi di governo del sistema monetario internazionale, pretendendo più spazio anche all’interno del Fondo monetario”.

Qualcuno però sta pagando un prezzo piuttosto alto in Borsa: il lusso, la moda, l’hi-tech alcune case automobilistiche. Il prezzo del petrolio è addirittura crollato…

“Le Borse reagiscono così perché non capiscono bene cosa succede. Il ragionamento che fanno è elementare: la Cina svaluta perché è messa male, quindi consumerà meno. Non è così. L’economia cinese in questo modo si rafforza e non necessariamente a nostre spese, come qualcuno teme, perché ha bisogno che anche i clienti dei suoi prodotti restino in buona salute. Come consumatori d’altra parte i cinesi desiderano e continueranno a volere beni di lusso. Siamo davvero preoccupati per un paese che cresce ancora in modo importante? Prima la crescita era troppa, era gonfiata”.

“Il petrolio invece merita un discorso a parte, perché è l’ultima politica anticiclica rimasta. Quando i mercati vanno male il prezzo del petrolio scende, per ridare fiato ai consumatori, per sostenere il loro potere d’acquisto, in modo che possano cambiare l’auto e gli elettrodomestici. Così oggi abbiamo un prezzo al barile che, mi pare, è il più basso degli ultimi sei anni”.

Tornando alla Cina, gli osservatori sono divisi. Da un lato il Fondo monetario promuove la decisione, dall’altra si teme una guerra delle valute. Chi ha ragione?

“Il Fondo monetario ha diffuso un comunicato ufficioso per dire “brava Cina”, perché la sua linea è avere Paesi e monete i cui rapporti di forza economici si riflettano sul mercato dei cambi. Un oligopolio di poche, grandi monete. Chi parla di guerra invece non ha capito che ieri si è firmato un trattato di pace trentennale. Nell’immediato ci può essere il problema delle Borse e una battaglia monetaria, poi le cose si chiariranno”.

In un mondo dominato da due monete, l’Euro è destinato a un ruolo di comprimario?

“L’euro non interessa più nessuno, riguarda ormai solo i greci. C’è un’Europa che reagisce a Washington o a Pechino? La Commissione Juncker in agosto va in vacanza, come se tutto si fermasse, invece il resto del mondo lavora, i cinesi non sanno nemmeno cosa siano le ferie di agosto”.

“Un giorno non troppo lontano a New York e a Shangai si chiederanno cos’è Francoforte? Dov’è Berlino? Ah, sono in Germania, quella piccola appendice della Cina. Il nostro modo di pensare riflette il passato, abbiamo sempre la testa girata all’indietro. L’Istat analizza i dati della disoccupazione senza tenere conto degli investimenti all’estero. Ma le aziende italiane creano occupazione, laddove crescono”.

“L’euro è una moneta con un grande passato, carico di sogni, ma è la moneta di un Paese che non c’è. Senza uno Stato è una moneta senza futuro, come diceva Padoa Schioppa 20 anni fa. Dietro l’euro, oggi, ci sono solo 19 governi litigiosi e viviamo il paradosso che, se l’economia va male, la nostra moneta si apprezza”.

“Io credo che l’unica strada che abbiamo sia un’alleanza con gli Usa, un bel ponte sull’Atlantico. Anzi suggerirei di adottare il dollaro, una sola moneta per i Paesi ricchi del mondo. Perché se le monete restano tre l’unico vincitore sicuro sarà la Cina. L’Europa non può continuare a vivere con la testa girata all’indietro, pensando d’impedire una guerra finita settant’anni fa e litigando con la Grecia. Quella che stiamo facendo è solo archeologia. Andiamo avanti”