Botta e risposta – Incontro o scontro?

In occasione della giornata in cui il Papa ha incontrato i rappresentanti dell’Azione Cattolica, il Santo Padre ha avuto l’occasione di ricordare quanto ha risposto ai giovani dei Movimenti durante la Veglia di Pentecoste nel 2013.

Riproponiamo una sintesi delle risposte che il Padre aveva allora dato ai giovani.

Domanda: Padre Santo, la mia è una esperienza di vita quotidiana come tante. Cerco di vivere la fede nell’ambiente di lavoro a contatto con gli altri come testimonianza sincera del bene ricevuto nell’incontro con il Signore. Sono, siamo “pensieri di Dio”, investiti da un Amore misterioso che ci ha dato la vita. Insegno in una scuola e questa coscienza mi dà il motivo per appassionarmi ai miei ragazzi e anche ai colleghi. Verifico spesso che molti cercano la felicità in tanti itinerari individuali in cui la vita e le sue grandi domande spesso si riducono al materialismo di chi vuole avere tutto e resta perennemente insoddisfatto o al nichilismo per cui nulla ha senso. Mi chiedo come la proposta della fede, che è quella di un incontro personale, di una comunità, di un popolo, possa raggiungere il cuore dell’uomo e della donna del nostro tempo. Siamo fatti per l’infinito -“giocate la vita per cose grandi!” ha detto Lei recentemente -, eppure tutto attorno a noi e ai nostri giovani sembra dire che bisogna accontentarsi di risposte mediocri, immediate e che l’uomo deve adattarsi al finito senza cercare altro. A volte siamo intimiditi, come i discepoli alla vigilia della Pentecoste.

La Chiesa ci invita alla Nuova Evangelizzazione. Penso che tutti noi qui presenti sentiamo fortemente questa sfida, che è al cuore delle nostre esperienze. Per questo vorrei chiedere a Lei, Padre Santo, di aiutare me e tutti noi a capire come vivere questa sfida nel nostro tempo. Quale è per Lei la cosa più importante cui tutti noi movimenti, associazioni e comunità dobbiamo guardare per attuare il compito cui siamo chiamati? Come possiamo comunicare in modo efficace la fede oggi?

 

Risposta:

Dirò soltanto tre parole.

La prima: Gesù. Chi è la cosa più importante? Gesù. Se noi andiamo avanti con l’organizzazione, con altre cose, con belle cose, ma senza Gesù, non andiamo avanti, la cosa non va. Gesù è più importante. Adesso, vorrei fare un piccolo rimprovero, ma fraternamente, tra noi. Tutti voi avete gridato nella piazza “Francesco, Francesco, Papa Francesco”. Ma, Gesù dov’era? Io avrei voluto che voi gridaste: “Gesù, Gesù è il Signore, ed è proprio in mezzo a noi!”. Da qui in avanti, niente “Francesco”, ma “Gesù”!

La seconda parola è: la preghiera. Guardare il volto di Dio, ma soprattutto – e questo è collegato con quello che ho detto prima – sentirsi guardati. Il Signore ci guarda: ci guarda prima. La mia esperienza è ciò che sperimento davanti al sagrario [Tabernacolo] quando vado a pregare, la sera, davanti al Signore. Alcune volte mi addormento un pochettino; questo è vero, perché un po’ la stanchezza della giornata ti fa addormentare. Ma Lui mi capisce. E sento tanto conforto quando penso che Lui mi guarda. Noi pensiamo che dobbiamo pregare, parlare, parlare, parlare… No! Làsciati guardare dal Signore. Quando Lui ci guarda, ci dà forza e ci aiuta a testimoniarlo – perché la domanda era sulla testimonianza della fede, no? Primo “Gesù”, poi “preghiera” – sentiamo che Dio ci sta tenendo per mano. Sottolineo allora l’importanza di questo: lasciarsi guidare da Lui. Questo è più importante di qualsiasi calcolo. Siamo veri evangelizzatori lasciandoci guidare da Lui. Pensiamo a Pietro; forse stava facendo la siesta, e ha avuto una visione, la visione della tovaglia con tutti gli animali, e ha sentito che Gesù gli diceva qualcosa, ma lui non capiva. In quel momento, sono venuti alcuni non-ebrei a chiamarlo per andare in una casa, e ha visto come lo Spirito Santo era laggiù. Pietro si è lasciato guidare da Gesù per giungere a quella prima evangelizzazione ai gentili, che non erano ebrei: una cosa inimmaginabile in quel tempo (cfr At10,9-33). E così, tutta la storia, tutta la storia! Lasciarsi guidare da Gesù. E’ proprio il leader; il nostro leader è Gesù.

E terza: la testimonianza. Gesù, preghiera – la preghiera, quel lasciarsi guidare da Lui – e poi testimonianza. Ma vorrei aggiungere qualcosa. Questo lasciarsi guidare da Gesù ti porta alle sorprese di Gesù. Si può pensare che l’evangelizzazione dobbiamo programmarla a tavolino, pensando alle strategie, facendo dei piani. Ma questi sono strumenti, piccoli strumenti. L’importante è Gesù e lasciarsi guidare da Lui. Poi possiamo fare le strategie, ma questo è secondario.

Infine, la testimonianza: la comunicazione della fede si può fare soltanto con la testimonianza, e questo è l’amore. Non con le nostre idee, ma con il Vangelo vissuto nella propria esistenza e che lo Spirito Santo fa vivere dentro di noi. E’ come una sinergia fra noi e lo Spirito Santo, e questo conduce alla testimonianza. La Chiesa la portano avanti i Santi, che sono proprio coloro che danno questa testimonianza. Come ha detto Giovanni Paolo II e anche Benedetto XVI, il mondo di oggi ha tanto bisogno di testimoni. Non tanto di maestri, ma di testimoni. Non parlare tanto, ma parlare con tutta la vita: la coerenza di vita, proprio la coerenza di vita! Una coerenza di vita che è vivere il cristianesimo come un incontro con Gesù che mi porta agli altri e non come un fatto sociale. Socialmente siamo così, siamo cristiani, chiusi in noi. No, questo no! La testimonianza!

Meditiamo oggi, con urgenza su questo itinerario che qualifica e rinnova la nostra vocazione politica.