fame

L’EDITORIALE DI FRANCESCO STORACE

15/07/2014 06:00

La fame

Dati terribili dell’Istat descrivono un Paese sempre più solo e privo di prospettive per i nostri ragazzi

La fame
In Italia i poveri aumentano a dismisura, la politica si balocca tra Italicum, indennità e immunità. Istituire l’anagrafe del bisogno

 

Loro si baloccano, il popolo muore di fame. La fotografia piu’ spietata dell’Italia e’ arrivata ieri come una mazzata dall’Istat. Non che non se ne avesse la percezione, ma e’ drammatica la realta’ delle cifre sulla miseria. Il rapporto 2013 sulla poverta’ nel nostro paese e’ devastante: dieci milioni di persone sono in condizioni di cosiddetta poverta’ relativa, ben 6 sono poveri in termini assoluti. In quest’ultimo caso parliamo del 10 per cento dei nostri connazionali, all’interno di ben due milioni di famiglie.
Tra il 2012 e il 2013, l’incidenza di poverta’ relativa tra le famiglie pare stabile (dal 12,7 al 12,6%) in tutto il Paese; la soglia di poverta’ relativa, pari a 972,52 euro per una famiglia di due componenti, e’ di circa 18 euro inferiore (-1,9%) al valore della soglia del 2012. L’incidenza di poverta’ assoluta e’ invece aumentata dal 6,8% al 7,9% (per effetto dell’aumento nel Mezzogiorno, dal 9,8 al 12,6%), coinvolgendo circa 303 mila famiglie e 1 milione 206 mila persone in piu’ rispetto all’anno precedente.
Un altro dato preoccupante riguarda infanti e adolescenti: vivono in poverta’ un milione e quattrocentomila ragazzini: tre anni fa erano settecentomila. Sono raddoppiati. Vuol dire che manca il latte, che non ci sono generi di prima necessita’. Altro che Italicum, Senato e sbarramenti…
E’ stato il triennio dei governi tecnici, da Monti a Letta, per finire alle chiacchiere di Renzi. Tutti hanno prelevato soldi dalle tasche degli italiani; tutti hanno impoverito e indebitato il nostro popolo; i consumi precipitano e chissa’ quanto ha influito la follia legata al minor utilizzo del contante. E scompare il sommerso; e con esso la possibilita’ di arrangiarsi.
Il trionfo della demagogia tecnocratica, gli inchini ai satrapi d’Europa hanno impedito di far fronte alle pretese di oltreconfine con una politica che restituisse impulso alla crescita, anche a costo di rischiare qualche punto di inflazione. Le banconote sono rimaste nei forzieri delle banche, nelle tasche di Pantalone c’e’ solo il vuoto.
Al sud va ancora peggio e per i giovani si fa sempre piu’ forte l’assenza di prospettiva, la paura del futuro, la vocazione a preferire l’antiStato o la fuga.
Ecco, un quadro del genere dovrebbe vedere la classe politica impegnata a fronteggiare seriamente il flagello della poverta’: e invece stanno in Parlamento – a causa di un assetatissimo presidente del Consiglio – a rinfacciarsi indennita’ e immunita’ fregandosene delle tragedie popolari.
Invece c’e’ da rimboccarsi le maniche e noi faremo la nostra parte ovunque saremo, a partire dalla nostra regione. Togliamoci dalla testa diritti civili e altre fantasie del genere, concentriamoci su quelli sociali. C’e’ sempre piu’ gente che ha bisogno delle istituzioni; c’e’ sempre meno denaro a disposizione per il welfare e il contrasto alla poverta’. Va costruita – anche a livello regionale – un’anagrafe del bisogno per individuare il livello della soglia sotto la quale necessitano le prestazioni istituzionali; quali siano le prestazioni da erogare effettivamente visto che non si puo’ piu’ dare tutto a tutti; qual e’ la spesa sociale da sostenere; chi deve garantire il soddisfacimento dei diritti individuali; chi paga.
Solo con un quadro chiaro dell’emergenza, la politica potra’ scegliere le priorita’ per far uscire milioni di persone dal dramma che le coinvolge. Purtroppo, si registrano solo le rituali grida di allarme, ma chi ne ha il potere non interviene, qui si’ a testa bassa per vincere questa guerra.
Ecco, una missione di cui dovrebbe farsi carico il centrodestra, gettando lo sguardo su quanti non ce la fanno piu’ a campare dignitosamente. Nessuno va lasciato solo.

Loro si baloccano, il popolo muore di fame. La fotografia più spietata dell’Italia è arrivata ieri come una mazzata dall’Istat. Non che non se ne avesse la percezione, ma èdrammatica la realtà’ delle cifre sulla miseria. Il rapporto 2013 sulla povertà nel nostro paese è devastante: dieci milioni di persone sono in condizioni di cosiddetta povertà relativa, ben 6 sono poveri in termini assoluti. In quest’ultimo caso parliamo del 10 per cento dei nostri connazionali, all’interno di ben due milioni di famiglie. 

Tra il 2012 e il 2013, l’incidenza di povertà relativa tra le famiglie pare stabile (dal 12,7 al 12,6%) in tutto il Paese; la soglia di povertà relativa, pari a 972,52 euro per una famiglia di due componenti, è di circa 18 euro inferiore (-1,9%) al valore della soglia del 2012. L’incidenza di povertà assoluta è invece aumentata dal 6,8% al 7,9% (per effetto dell’aumento nel Mezzogiorno, dal 9,8 al 12,6%), coinvolgendo circa 303 mila famiglie e 1 milione 206 mila persone in più rispetto all’anno precedente.

Un altro dato preoccupante riguarda infanti e adolescenti: vivono in povertà un milione e quattrocentomila ragazzini: tre anni fa erano settecentomila. Sono raddoppiati. Vuol dire che manca il latte, che non ci sono generi di prima necessità. Altro che Italicum, Senato e sbarramenti…

E’ stato il triennio dei governi tecnici, da Monti a Letta, per finire alle chiacchiere di Renzi. Tutti hanno prelevato soldi dalle tasche degli italiani; tutti hanno impoverito e indebitato il nostro popolo; i consumi precipitano e chissà quanto ha influito la follia legata al minor utilizzo del contante. E scompare il sommerso; e con esso la possibilità di arrangiarsi.

Il trionfo della demagogia tecnocratica, gli inchini ai satrapi d’Europa hanno impedito di far fronte alle pretese di oltreconfine con una politica che restituisse impulso alla crescita, anche a costo di rischiare qualche punto di inflazione. Le banconote sono rimaste nei forzieri delle banche, nelle tasche di Pantalone c’è solo il vuoto.Al sud va ancora peggio e per i giovani si fa sempre più forte l’assenza di prospettiva, la paura del futuro, la vocazione a preferire l’antiStato o la fuga.

Ecco, un quadro del genere dovrebbe vedere la classe politica impegnata a fronteggiare seriamente il flagello della povertà: e invece stanno in Parlamento – a causa di un assetatissimo presidente del Consiglio – a rinfacciarsi indennità e immunità fregandosene delle tragedie popolari.

Invece c’è da rimboccarsi le maniche e noi faremo la nostra parte ovunque saremo, a partire dalla nostra regione. Togliamoci dalla testa diritti civili e altre fantasie del genere, concentriamoci su quelli sociali. C’è sempre più gente che ha bisogno delle istituzioni; c’è sempre meno denaro a disposizione per il welfare e il contrasto alla povertà. Va costruita – anche a livello regionale – un’anagrafe del bisogno per individuare il livello della soglia sotto la quale necessitano le prestazioni istituzionali; quali siano le prestazioni da erogare effettivamente visto che non si può più dare tutto a tutti; qual è la spesa sociale da sostenere; chi deve garantire il soddisfacimento dei diritti individuali; chi paga.

Solo con un quadro chiaro dell’emergenza, la politica potrà scegliere le priorità per far uscire milioni di persone dal dramma che le coinvolge. Purtroppo, si registrano solo le rituali grida di allarme, ma chi ne ha il potere non interviene, qui sì a testa bassa per vincere questa guerra.

Ecco, una missione di cui dovrebbe farsi carico il centrodestra, gettando lo sguardo su quanti non ce la fanno più a campare dignitosamente. Nessuno va lasciato solo.

francesco storace