Algocrazia, ovvero: il dominio dell’algoritmo

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Il termine “algocrazia” è stato coniato per definire il crescente dominio degli impenetrabili algoritmi sulla nostra vita, si tratta di quello che in molti ormai percepiamo essere il controllo sui nostri dati esercitato dai titani del web, controllo che sta garantendo loro poteri sovrastanti a quelli degli Stati nazionali.

Appare evidente che non si tratta solo di tutela della privacy e che sia in gioco la libertà di tutti, la concentrazione del potere globale nelle mani di pochissime multinazionali, che sostanzialmente è un potere di gestione dei dati, genera esiti nel mondo economico, sociale, culturale, politico ed ha come risultato quello che è definito come il massivo e nascente “capitalismo di sorveglianza”.

Rimandando alla fiorente letteratura sul tema, occorre una preliminare “explicatio terminorum” per arrivare a qualche considerazione e conclusione.

Con il termine algoritmo si intende un modello matematico, che contiene in sé istruzioni per risolvere un problema o svolgere un’attività.

Intelligenza Artificiale (IA) invece è un complesso di algoritmi. Ogni cosa che appare sugli schermi di nostri apparati, quando accediamo ai social network, è effetto dell’opera degli algoritmi, modelli matematici che traducono in codici informatici e ci permettono di leggere notizie, dati finanziari o bancari, che fanno da assistenti vocali in viaggio coi navigatori, che consentono di ordinare i nostri archivi di scritti o di immagini, che lavorano per noi in fabbriche automatizzate, che guidano mezzi di trasporto o droni e molto altro.

La minaccia consiste dunque, come detto, nella prospettiva di un potere tutto concentrato in capo a chi sia nelle condizioni di modellare e controllare l’enorme massa degli algoritmi; per evitare il dilagare di questo potere è essenziale in questo difficile momento espansivo dell’informatica, che impatta sulla storia dell’umanità, introdurre un quadro etico e di regole che informino il diritto nel perimetro di cui lo sviluppo tecnologico possa svilupparsi senza limitare e condizionare le libertà dei popoli.

Occorre tenere in conto che il potere delle burocrazie politiche si fonda sulla prospettazione di norme che uniformano i comportamenti; il potere delle algocrazie si fonda sulla predeteminazione degli orientamenti verso determinati risultati. Si pensi a quanto e come Amazon (su che cosa compriamo), Facebook (sulla nostra socialità) e Google (su che cosa pensiamo e scriviamo) in aree diverse, orientano il nostro agire, proprio sulla base dei dati che raccolgono ed elaborano.

Se facciamo riferimento a Google in particolare appare evidente come monetizzi i dati dagli utenti che utilizzano i servizi e le applicazioni di Google in modo gratuito, non comprendendo che i suoi servizi si pagano, attraverso i propri dati, da cui si desumono informazioni che Google rivende agli investitori. Un nuovo e tecnologico “ciclo della vita” a beneficio di chi controlla i dati.

Il capitalismo di sorveglianza è l’esito di questa direzione, ove la tecnologia può autorizzare o impedire comportamenti umani ed in cui per mezzo di essa gruppi di potere sui dati, determinano i futuri da scegliere e le direzioni da imboccare. Le scelte delle comunità umane e dei singoli di conseguenza vengono annullate e il capitalismo diffuso, che abbiamo conosciuto in occidente viene sostituito dal capitalismo di sorveglianza, che domina un quadro di mercato, connotato dalla concentrazione del potere globale nelle mani di pochissime mutinazionali, ove ogni gerarchia intermedia ormai inutile verrà cancellata, in uno spazio senza regola alcuna, se non quello del profitto di pochi.

Etica e diritto dovranno intervenire in difesa della libertà di ognuno di noi.