Conversazioni sul cristianesimo – Napoleone Bonaparte

L’ultima avventura di Napoleone

 

Recensione del libro: Conversazioni sul Cristianesimo

Autore: Napoleone Bonaparte

Edizioni Studio Domenicano

Sono pochi i personaggi che possono eguagliare l’interesse che suscita, a distanza di secoli, Napoleone Bonaparte la cui sterminata bibliografia continua a crescere anno dopo anno.

 

Tutti gli aspetti della sua vita sono stati e sono tuttora oggetto di attenzione; come del resto era inevitabile data la complessità del personaggio e l’ampiezza e la varietà dei suoi effetti sulla storia.

Generale e uomo di Stato, Napoleone si occupò con piglio decisionista e rivoluzionario di ogni aspetto della società, dimostrando di essere in alcuni campi un geniale anticipatore dei tempi e, in altri, quantomeno un dilettante di talento.

 

Una fama, quella del piccolo corso, che è sopravvissuta alle sconfitte ed alle campagne di stampa che hanno tentato di mettere in luce – legittimamente – gli aspetti negativi del personaggio che, del resto, non era indenne da critiche ma, come noto, essere schierati dal lato progressista della Storia permette di beneficiare di un trattamento di favore.

 

Tuttavia è proprio superando certi rigidi schemi, seguendo uno degli insegnamenti napoleonici, che si possono scoprire nuovi profili della realtà.

 

L’ennesima prova del multiforme ingegno dell’uomo è un testo, curato dal Card. Biffi che a sua volta è una traduzione e sintesi di un’opera pubblicata a Parigi nel 1840 i “Sentiment de Napoléon sur le christianisme, Conversations religieuses”.

 

Il libro contiene le trascrizioni dei discorsi dell’imperatore in merito al cristianesimo, al rapporto con Dio e alla fede religiosa da cui emerge un ritratto inedito di Napoleone.

 

L’uomo che, durante la campagna d’Egitto, aveva immaginato di fondare una nuova religione a fondamento di un impero che avrebbe conquistato a dorso d’elefante; l’uomo che, sempre per trarre vantaggi politici, aveva pensato di convertirsi all’Islam; che fece arrestare un Sommo Pontefice, (anche se nel libro fornisce una diversa ricostruzione), che ordinò il saccheggio di Chiese, per tacere della caccia alle opere d’arte e delle sue campagne militari con le immani perdite umane che comportarono, si rivela un uomo affascinato dalla fede cattolica.

 

Le testimonianze raccolte dagli uomini della corte riunita sull’isola di Sant’Elena, in particolare dei due medici che l’ebbero in cura e del suo esecutore testamentario Charles Tristan De Montholon, che condivisero con lui gli ultimi sei anni di vita, svelano un uomo pronto a discutere, spesso animatamente con alcuni membri della sua piccola corte, in difesa di Gesù Cristo e della Chiesa Cattolica.

 

Certo, qualcuno obietterà che citare degli stralci di conversazione può essere un’operazione non corretta o ambigua ma il vero Napoleone emerge proprio dalle sue citazioni. Vero primo uomo dell’età moderna, con tutti i pregi ed i difetti, Napoleone fu tra i primi a cogliere la necessità di sintetizzare il proprio pensiero per farlo conoscere ad una società che si avviava verso la cultura di massa o, per i critici, della massificazione.

 

Non casualmente una delle migliori biografie di Napoleone è quella di A. Malraux. Una biografia composta da citazioni tratte dagli scritti di Napoleone, dai suoi proclami ufficiali e dai bollettini della Grande Armeè, un libro che l’Imperatore avrebbe probabilmente apprezzato come probabilmente, oggi, avrebbe apprezzato l’uso dei social media.

 

L’opera comunque sa di genuinità.

Non è un caso, ad ulteriore riprova, che essa tragga origine dagli ultimi anni dell’Imperatore.

Anni tristi, trascorsi da solo su un’isola deserta, abbandonato dalla moglie che lo aveva privato della compagnia del figlio.

 

Questo figlio, Napoleone II, “l’Aiglon” l’Aquilotto, come venne successivamente chiamato da Victor Hugo era destinato ad avere vita breve ed a entrare nel mito insieme al padre cui era stato separato all’età di quattro anni.

Sottratto al padre l’Aiglon venne educato e visse come principe asburgico morendo in giovane età per malattia. Il destino gli riservò di essere riunito al padre ben dopo la morte.

Nel 1940 infatti fu Adolf Hitler, a disporre che i resti del principe di Roma venissero portati da Vienna, dalla Cripta dei Cappuccini dove riposavano, a Parigi per essere tumulati insieme a quelli del padre.

Forse tra tutte le recriminazioni ed i pensieri che si accalcavano nella mente del corso nel corso degli ultimi anni e che il Manzoni ha magistralmente registrato, proprio la separazione dal figlio lo spinse alla riflessione, all’indagine del mistero della Fede e, infine alla testimonianza.

 

Ai posteri insomma l’ardua sentenza; ma in queste frasi, in queste ultime dichiarazione di un uomo che aveva, letteralmente conquistato il mondo, e che aveva perso tutto, non può che essere di interesse per tutti, sia gli estimatori, sia i critici, immaginare che alla fine della sua vita il piccolo corso, che si definiva italiano, abbia trovato la forza interiore per affrontare un ultimo avventuroso viaggio di scoperta.

Nemo