Immigrazione: aggravante per futili motivi

Immigrazione: aggravante per futili motivi

Nel contesto del c.d. pesante “immigrazionismo” che vive l’Italia, lasciata da sola dagli altri stati europei ad affrontare i continui sbarchi sue nostre coste di immigrati, giova non solo tenere conto delle statistiche degli arrivi o dei numeri ed il tipo dei reati commessi dagli immigrati, ma occorre anche seguire con attenzione lo sviluppo della giurisprudenza di merito e degli orientamenti della Suprema Corte di Cassazione in relazione agli esiti di questi arrivi. La Corte di Cassazione si è pronunciata con un’ottima, attuale, necessaria per il presente e per il prossimo futuro e ben motivata sentenza sul punto dell’applicazione o meno della circostanza aggravante dei futili motivi dell’art.61 n.1 c.p. e la cultura di appartenenza degli autori del reato (cfr.Cass. Pen. Sez. I, 06.06.2018, n.25535, ud. 10.04.18).
A seguito della condanna di due giovani “latinos” condannati per tentato omicidio ai danni di un connazionale in Milano, la Cassazione si è pronunciata circa la applicabilità della citata circostanza aggravante dei futili motivi e la cultura di origine dei due ispanici.
A fronte delle doglianze contenute nei motivi di ricorso, depositati dai difensori degli imputati, la Cassazione ha precisato che : “Non giova dunque alle difese richiamare i valori della cultura latina “machista”, che, oltre a non essere illustrati nel loro contenuto, sfuggendo ad una chiara comprensione, non rappresentano una motivazione razionale ed apprezzabile del comportamento violento tenuto, quanto un pretesto per realizzare impulsi brutali e prevaricatori con esiti di elevata gravità anche in un contesto fattuale che non ne giustifica la manifestazione. Si è affermato da parte di questa Corte, e qui si ribadisce che, per verificare la sussistenza della circostanza aggravante in questione, è necessario procedere all’identificazione in concreto della natura e della valenza della ragione giustificatrice l’azione delittuosa posta in essere, senza sia possibile fare ricorso ad un comportamento medio dell’uomo comune, posto che siffatto modello di agente non è facilmente identificabile ed è influenzato nella situazione concreta da connotazioni culturali, dall’educazione ricevuta, dal contesto sociale e da fattori ambientali (Cass. sez. 1, n. 11591 del 28/10/2015, dep. 2016, Passalacqua e altri, rv. 266559; sez. 1, n. 39261 del 13/10/2010, Mele, rv. 248832; sez. 1, n. 42846 del 18/11/1010, PG in proc. Muzaka, rv. 249010; sez. 6, n. 28111 del 2/7/2012, U.M., rv. 253033), con l’ulteriore precisazione che esigenze religiose o culturali dell’agente non possono trovare riconoscimento agli specifici fini di negare la circostanza aggravante in questione quando si pongano in palese contrasto con i principi fondamentali del sistema giuridico.”.
La Corte di Cassazione ha poi ribadito il concetto di motivo futile, che: «il motivo è futile quando sia così banale, lieve e sproporzionato rispetto all’azione criminosa realizzata ed alla sua gravità da apparire del tutto inidoneo ed insufficiente a dar luogo al reato, costituendo piuttosto occasione per dare libero sfogo ad istinti aggressivi ed antisociali».
Una sentenza dunque, che riafferma la nostra cultura giuridica, questa si certamente, romana e “latina” ove si sancisce e se ne sentiva il bisogno, che la futilità dei motivi non è esclusa dall’appartenenza o dalla vicinanza dell’autore/i del reato/i a gruppi o comunità, quali, nel caso in esame, le bande giovanili sudamericane (ma per analogia di principio, si ritiene, anche ad altri gruppi od entità) che riconoscono come valori positivi la violenza e l’uso della forza quale forma di affermazione della personalità individuale e di manifestazione dell’appartenenza al gruppo, da esercitare per il solo fatto che la vittima sia o appaia militare in formazione contrapposta e ciò in considerazione che: “ dal momento che tali concezioni e modelli comportamentali offrono occasione per dare libero corso ad impulsi brutali e prevaricatori e si pongono in contrasto con i valori fondamentali riconosciuti dall’ordinamento giuridico, che tutela in primo luogo la vita, la sicurezza e la libertà personale”.

Parafrasando il contadino germanico, possiamo felicemente affermare: “esiste ancora un Giudice a Roma”.